PREVIDAGE SRL
Sede legale
Corso Garibaldi, 49
20121 Milano (MI)
REA di Milano 2740204
CF e P.IVA 13733500964
Capitale sociale € 10.000
previdage@legalmail.it
Sedi operative
Via Larga, 8
20122 Milano (MI)
Piazza De Gasperi, 12/16
21047 Saronno (VA)
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Pensioni 2024: il diritto alla pensione per i lavoratori con contratto part-time, in particolare nelle forme verticale e ciclica, è stato a lungo un argomento di dibattito, con norme che spesso penalizzavano questa categoria di lavoratori. Con la Legge di Bilancio 2021, sono state introdotte significative modifiche volte a correggere queste iniquità. Queste riforme, insieme ai più recenti aggiornamenti sui minimali e massimali contributivi per il 2024, rappresentano un passo importante verso una maggiore equità nel trattamento pensionistico dei lavoratori part-time. Vediamo nel dettaglio cosa è cambiato e quali sono i nuovi limiti e parametri da considerare.
In passato, i lavoratori con contratti part-time verticale o ciclico erano spesso svantaggiati ai fini pensionistici. Questi contratti prevedono una distribuzione del lavoro discontinua nel corso dell’anno: periodi di attività lavorativa alternati a periodi di non lavoro.
Prima della Legge di Bilancio 2021, la normativa non permetteva il riconoscimento delle settimane non lavorate ai fini del calcolo dei contributi pensionistici; di conseguenza, solo le settimane effettivamente retribuite venivano considerate valide per l’accredito dei contributi, con conseguente riduzione dell’anzianità contributiva. Ciò significava anche che i lavoratori a part-time verticale o ciclico dovevano lavorare più a lungo per maturare il diritto alla pensione.
Questa disparità era regolata dal Decreto Legge 463/1983 che stabiliva che le settimane utili ai fini pensionistici fossero solo quelle per le quali veniva corrisposta una retribuzione. I periodi di inattività, tipici dei contratti di lavoro a part-time verticale o ciclico, non venivano considerati ai fini dell’anzianità contributiva, penalizzando in modo significativo questi lavoratori.
La Legge di Bilancio 2021 ha introdotto una modifica cruciale per i lavoratori part-time verticale e ciclico, grazie all’articolo 1, comma 350. Questa disposizione riconosce ai fini pensionistici anche le settimane non lavorate, purché previste dal contratto, rendendo così molto meno penalizzante questo tipo di lavoro. In sostanza, anche i periodi di inattività non retribuita vengono considerati validi per il calcolo dell’anzianità contributiva, evitando che i lavoratori part-time debbano recuperare settimane di lavoro in più per raggiungere il diritto alla pensione.
Questa riforma ha eliminato una delle principali discriminazioni legate al lavoro part-time verticale e ciclico, garantendo che i lavoratori possano beneficiare di un trattamento più equo rispetto ai lavoratori a tempo pieno. Il nuovo meccanismo consente di contabilizzare i contributi anche per i periodi non lavorati, risolvendo uno dei problemi più urgenti legati a questo tipo di contratto.
Per chiarire l’applicazione della Legge di Bilancio 2021, l’INPS ha emesso la circolare 74/2021 e il messaggio 2162/2021 volte a specificare il funzionamento della nuova disposizione.
L’INPS ha confermato che il nuovo sistema prevede il riconoscimento dei contributi anche per i periodi di non lavoro previsti dai contratti part-time verticale o ciclico purché il rapporto di lavoro sia regolarmente registrato.
Questo meccanismo è retroattivo e si applica anche ai contratti cessati prima del 1° gennaio 2021. In questi casi, i lavoratori possono presentare una domanda di accredito per ottenere il riconoscimento delle settimane non lavorate in periodi passati.
Il lavoratore deve presentare la domanda tramite PEC o attraverso il sistema FASE (servizio online di segnalazione contributiva dell’INPS), allegando la documentazione necessaria, come l’attestazione del datore di lavoro o, in caso di cessazione dell’azienda, un’autocertificazione.
È importante notare che il riconoscimento di questi periodi di non lavoro è soggetto a una prescrizione decennale che decorre dal 1° gennaio 2021, data di entrata in vigore della Legge di Bilancio.
I lavoratori che desiderano far riconoscere periodi di lavoro pregressi devono quindi agire immediatamente per non perdere questo diritto.
La situazione per i lavoratori a part-time orizzontale è diversa.
In questo caso il lavoratore svolge la propria attività ogni giorno, anche se con un orario ridotto rispetto a quello pieno. Anche in questo caso, però, esistono dei limiti legati alla retribuzione e ai contributi.
La normativa, in particolare, prevede che, per l’accredito completo dei contributi, il lavoratore debba raggiungere un minimale retributivo giornaliero. Nel 2024, questo valore è fissato a 56,87 euro al giorno. Se la retribuzione effettiva è inferiore a questa soglia, i contributi vengono comunque calcolati sulla base del minimale retributivo. Ciò significa che, anche se il salario percepito dal lavoratore è inferiore a questa cifra, i contributi dovranno comunque essere versati su almeno 56,87 euro al giorno.
Oltre al minimale retributivo, il sistema previdenziale italiano prevede anche un massimale contributivo, che rappresenta il limite massimo di reddito su cui si possono versare contributi previdenziali. Per il 2024 il massimale annuo della base contributiva e pensionabile è fissato a 119.650 euro. Questo significa che, per i lavoratori con redditi superiori a questa cifra, non saranno dovuti ulteriori contributi sulla parte eccedente.
Questo limite, però, si applica solo ai lavoratori soggetti al sistema contributivo integrale. Chi aveva già versato contributi prima del 31 dicembre 1995 non è soggetto a questo massimale, mentre i lavoratori iscritti successivamente sono tenuti a rispettare questo limite.
Per i lavoratori dipendenti, oltre al massimale, esiste una aliquota aggiuntiva dell’1% che si applica sui redditi superiori a 55.008 euro. Questo meccanismo, diverso dal massimale, prevede un aumento dei contributi previdenziali sui redditi più alti.
Anche i lavoratori autonomi, come i commercianti, sono soggetti a massimali e aliquote contributive. Per il 2024, i massimali per i commercianti sono:
Le aliquote contributive per i commercianti variano a seconda dell’età:
Pensioni 2024: minimali di retribuzione e integrazione al trattamento minimo
Con la circolare n. 21 del 2024, l’INPS ha aggiornato anche i valori relativi ai minimali di retribuzione giornaliera e all’integrazione al trattamento minimo.
Nel 2024, l’integrazione al trattamento minimo è fissata a 598,61 euro mensili, con una supervalutazione per i pensionati con più di 75 anni.
Per quanto riguarda il minimale contributivo, il valore giornaliero minimo su cui devono essere calcolati i contributi nel 2024 è di 56,87 euro, mentre il minimale mensile, moltiplicando il valore giornaliero per 26 giornate lavorative, è pari a 1.478,57 euro.
Per ottenere il riconoscimento completo delle 52 settimane contributive, il lavoratore deve raggiungere una retribuzione minima settimanale. Nel 2024, questo importo è fissato a 239,44 euro. In pratica, per avere tutte le settimane dell’anno riconosciute, il lavoratore deve guadagnare almeno 12.451 euro. I datori di lavoro sono obbligati a rispettare solo il minimale giornaliero.
Se il lavoratore svolge un’attività part-time e il reddito è inferiore a quello necessario per l’accredito dell’intero anno, i contributi saranno riconosciuti in misura proporzionale.
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