PREVIDAGE SRL
Sede legale
Corso Garibaldi, 49
20121 Milano (MI)
REA di Milano 2740204
CF e P.IVA 13733500964
Capitale sociale € 10.000
previdage@legalmail.it
Sedi operative
Via Larga, 8
20122 Milano (MI)
Piazza De Gasperi, 12/16
21047 Saronno (VA)
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Nel sistema italiano convivono due mondi: la previdenza obbligatoria (INPS e casse) e la previdenza complementare, fondi negoziali, fondi aperti, PIP.
Il primo è rigido per definizione, con adesione automatica e aliquote fissate per legge, il secondo è modellabile sul profilo dell’aderente, con libertà di adesione, versamento e investimento.
Capire come funzionano (e come si parlano) è la base di una pianificazione previdenziale consapevole.
Si entra perché si lavora, dipendenti o autonomi che si sia: le aliquote contributive sono predeterminate in base alla gestione (FPLD, Gestione separata, speciali Artigiani/Commercianti, casse pubbliche e professionali, fondi sostitutivi, ecc.). Il panorama è frammentato: oltre 50 fondi con regole proprie, a cui si sommano più di 100 modalità di pensionamento (anticipata ordinaria “Fornero”, anticipata contributiva a 64 anni, vecchiaia a 67, canali di nicchia per specifiche categorie).
La stratificazione si complica con cumulo, totalizzazione, ricongiunzione, computo: strumenti utili per “unire” carriere in gestioni diverse, ma con effetti differenti sul calcolo e sulla decorrenza della prestazione. La tendenza, nel medio periodo, è a una convergenza dei trattamenti e delle basi di calcolo, ma oggi la complessità resta elevata e i margini di scelta individuale sono limitati.
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Leggi l’articolo di blog su come cambia la pensione anticipata contributiva per le lavoratrici madri
Qui la logica si ribalta: si sceglie se aderire, quanto versare e come investire (comparti garantiti, obbligazionari, bilanciati, azionari; linee life-cycle), con portabilità verso altri fondi e prestazioni in rendita, capitale o misto (50/50). Nei fondi negoziali contano anche le regole su TFR e contributi datore/lavoratore previste dal contratto. Il calcolo è contributivo a capitalizzazione: ciò che riceverai dipende da quanto versi, per quanto tempo, dai rendimenti e dai costi. Più azionario = potenziale di rendimento maggiore ma rischio più alto; più obbligazionario = rischio contenuto ma resa attesa più bassa.
In linea generale, l’età di accesso ordinaria coincide con la vecchiaia INPS (67 anni). Ma la complementare offre leve che il primo pilastro non ha: anticipazioni, riscatti e, soprattutto, la RITA—Rendita Integrativa Temporanea Anticipata—che consente di frazionare (fino al 100%) il capitale prima dei 67 anni: fino a 5 anni in caso di cessazione dell’attività; fino a 10 anni se inoccupati da almeno 24 mesi e con 20 anni di contributi INPS. Non è una “nuova pensione”, ma erogazione frazionata del tuo montante.
Alla soglia dei 67, quanto maturato (al netto di anticipazioni/riscatti/RITA) si può percepire:
Se vuoi certezza di diritto e copertura universale → il primo pilastro è la base non negoziabile.
Se vuoi aumentare importo e flessibilità (fisco, anticipi, RITA, scelta del profilo di rischio) → il secondo pilastro è la leva per integrare e stabilizzare il reddito di uscita. L’integrazione è la via maestra: usare la complementare per ammortizzare il salto di reddito negli anni-ponte e ottimizzare la fiscalità nel ciclo di vita, senza rinunciare alla copertura del primo pilastro.
Prima di tutto, apri l’estratto conto INPS e leggilo come una storia: da quando hai iniziato a versare a quando hai smesso, quali periodi sono coperti e quali no. L’obiettivo è costruire una timeline pulita e capire quali anni puoi effettivamente coprire.
Poi, fai due conti sul costo. La regola è quella dell’aliquota IVS applicata alla tua retribuzione/reddito più recente; verifica anche i minimali in vigore. Metti giù un ordine di grandezza per anno e un totale, così hai subito il perimetro economico dell’operazione.
A questo punto chiediti che beneficio cerchi: vuoi anticipare l’uscita (e di quanti mesi), alzare l’importo della pensione o entrambe le cose? Traduci la risposta in numeri: mesi guadagnati e incremento mensile stimato. È la bussola per valutare la convenienza.
Definisci poi come pagare: unica soluzione o rate fino a 120 mensilità. Considera la deducibilità fiscale (che riduce il costo effettivo) e, se sei dipendente, verifica se puoi usare premi di produttività per coprire parte dell’onere. Metti tutto in un cronoprogramma: importi, scadenze, impatto fiscale.
Infine, guarda la strategia nel suo insieme. Il riscatto è un tassello: valuta se affiancarlo a previdenza complementare e RITA per costruire un ponte 62–67, e decidi come usare il TFR (lasciarlo in azienda o destinarlo a un fondo). L’idea è avere un piano integrato che tenga insieme tempi, reddito e fiscalità.
Il primo abbaglio è pensare che la complementare sia “bloccata”: in realtà esistono anticipi, riscatti e la RITA per gestire gli anni-ponte. Il secondo è ignorare costi e comparti: rendimento e rischio dipendono anche da come investi, non solo da quanto versi. Terzo, non sottovalutare la fiscalità: deduzioni oggi e aliquote agevolate in uscita incidono sul netto più di quanto si creda.
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